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La cura editoriale su Facebook si ripaga con la fedeltà degli utenti

Aumentare il numero dei fan di una pagina Facebook
Le performance della stampa italiana su Facebook: i settimanali (credits: Vincos.it)

Seguo Vincenzo Cosenza (@vincos) da tempo. Apprezzo il materiale che condivide in rete riferito ai Social Network. Il suo Osservatorio Facebook è per me un punto di riferimento per tenermi costantemente aggiornato.
Qualche giorno fa Vincenzo pubblica un post che attira particolarmente la mia attenzione, dal titolo “Le performance della stampa italiana su Facebook: i settimanali”  (qui trovate il report completo che estende le evidenze solo accennate nell’articolo); nella mappa di posizionamento inclusa nel post e riportata qui sopra compare anche la pagina Facebook di Famiglia Cristiana.
La sua gestione mi vede coinvolto da vicino perché quotidianamente mi occupo di aggiornarla e moderarla, in stretta collaborazione con la direzione della testata. La mappa elaborata da Vincenzo posiziona i diversi brand (settimanali nazionali con più di 10.000 fan su Facebook) prendendo in considerazione due fattori:

  • Numero di fan (dimensione quantitativa)
  • Engagement (dimensione qualitativa)

Penso sia più utile soffermarsi più sulle evidenze qualitative che su quelle quantitative: spendo giusto due parole per spiegare la mia affermazione, prima di concentrarmi sul fattore dell’engagement che è quello che più mi interessa.
Senza dubbio il fatto di avere molti likers dimostra che la pagina ha raccolto, nel tempo, una considerevole di consensi ma non è detto che necessariamente si porti dietro alti tassi di interazione e la conseguente creazione di “storie” a partire dai contenuti che la pagina propone sulla propria timeline.
Un esempio? Prendiamo il leader della mappa, Internazionale, con 237.198 fan e Famiglia Cristiana con 16.108 fan.
Ora consideriamo anche un fattore qualitativo, il “parlano di questo argomento”. Per Internazionale abbiamo 3.337 e per Famiglia Cristiana 689. Se ci limitiamo ai numeri assoluti, è chiaro che non c’è paragone. Ma se trasformiamo il tutto in percentuali ecco che i dati acquistano senso:

  • Internazionale: 1,41%
  • Famiglia Cristiana: 4,28%

Internazionale, pur potendo contare su quasi 240.000 fan, ha un livello di diffusione e viralizzazazione sotto l’1,50%. Per Famiglia Cristiana questo misuratore quasi triplica. Avere molti fan, quindi, non implica necessariamente un alto tasso di interazione e diffusione dei contenuti.
E’ la qualità, la cura e la conoscenza dei “gusti” dei propri fan che permettono ad una pagina di crescere in termini di qualità dell’interazione.
Nella mappa di posizionamento, Famiglia Cristiana si trova nel riquadro dei “Laggards” (basso numero fan e bassa interazione),ma è quella che propone argomenti in grado di stimolare maggiormente la condivisione da parte delle persone rispetto ad altre testate di tutto rispetto che occupano lo stesso quadrante come Panorama, Cioè e Oggi.

Come fare ad aumentare i tassi di interazione della propria pagina Facebook?

Parliamo quindi di engagement. Le evidenze che a breve illustrerò derivano soprattutto dall’esperienza di ogni giorno e dall’interpretazione dei dati di insights della pagina. Posso dire di seguire cinque vettori principali nella mia gestione della pagina di Famiglia Cristiana:

Rilevanza

Non tutto quello che viene pubblicato sul sito, per ovvi motivi, può essere riproposto sulla pagina Facebook della rivista. Occorre quindi selezionare i contenuti maggiormente meritevoli di avere una vita anche sulla pagina Facebook.
La scelta non è sempre scontata ed è per lo più influenzata dal feedback previsto dalla propria fan base. Facciamo un esempio: se nel tempo abbiamo percepito che i nostri fan sono particolarmente sensibili ai temi inerenti alla politica, possiamo ipotizzare che un rilancio di un articolo di costume o gossip non raccoglierà le stesse preferenze. E’ necessario sviluppare una certa sensibilità che permetta di capire a priori quali possano essere i contenuti che hanno buone possibilità di riscuotere interesse.

Adattamento

Il registro linguistico di Facebook è diverso da quello di un sito web. L’obiettivo finale è condurre l’utente a cliccare sulla news, interagire con essa in modo istantaneo (like) o più approfondito (condivisione/commento).
E’ utile ricordare che difficilmente le persone leggeranno le notizie direttamente dalla timeline della pagina. E’ invece molto più probabile che le news che condividiamo entrino a far parte del flusso informativo che costituisce la bacheca degli utenti.

E’ fondamentale fare emergere ciò che si pubblica grazie alla proposizione di un titolo “accattivante” o alla preparazione di un testo di lancio adatto ad attrarre l’attenzione delle persone. Tutto si gioca in pochi secondi e se quello che si vuole dire non spicca tra il resto, si è perso un importante touch point che non si ripresenterà; il nostro contenuto sarà ormai scivolato troppo in basso nelle bacheche dei nostri fan (e dei loro amici) perché se ne possano accorgere.

Ricorsività

Ho notato che la presenza di appuntamenti ricorrenti aiuta la fidelizzazione e quindi la propensione all’interazione. Mi è capitato qualche volta di non riuscire a rispettare esattamente le scadenze di alcune rubriche giornaliere/settimanali; alcuni utenti, aspettandosi un contenuto e vedendolo mancare, richiedono a chi gestisce la pagina la motivazione di tale assenza. Ciò denota che il fattore “aspettativa” è una leva su cui ragionare quando si gestisce una pagina Facebook.

Attivazione

Facebook è sostanzialmente interazione. Ecco perché, ogni volta che posso, cerco di inserire nei lanci che faccio una proposta di feedback. Questa può generalmente avvenire in tre modi:

  • 1) inclusione di una domanda all’interno del testo di lancio del contenuto
  • 2) intervento all’interno dei commenti per rilanciare e tenere vivere le discussioni più partecipate
  • 3) l’utilizzo di strumenti appositamente pensati per stimolare l’interazione (sondaggi in primis).

Sperimentazione

Facebook ha una peculiarità: l’omogeneità nella formattazione delle informazioni. Il social network mette a disposizione degli strumenti standard e chi gestisce le pagina deve sottostare ai vincoli della piattaforma. Non potendo intervenire sull’estetica del testo o dell’impaginazione dell’informazione, la partita si gioca tutto sull’originalità dell’idea che sta dietro alla proposizione di un contenuto rispetto ad un altro e sulla capacità di attrarre l’attenzione delle persone e stimolare in loro la voglia di riproporre il tutto alla loro rete di relazioni.
Parte della mia attività di gestione della pagina è spesa nell’ideazione di nuovi “Facebook format” o rubriche. Si testano al volo con alcuni post “pilota”. Se funzionano e raccolgono consensi, l’idea si sviluppa ulteriormente; in caso contrario, si pone fine all’iniziativa e ci si concentra su una nuova proposta. Facile fare, facile fallire, facile avanzare.

E voi, quali aspetti considerate maggiormente nella gestione di una pagina Facebook?

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Social media in a day

https://vimeo.com/17133929

Numeri impressionanti. Uno mole di informazioni create, scambiate e diffuse in sole 24 ore che sarebbe impensabile per contenuti non digitali.
La cosa che mi è sempre sembrata curiosa di questo processo è che tutto rimane tracciato, ma allo stesso tempo tutto perde di rilevanza, in pochi istanti. Se dovessi aprire la mia pagina di Facebook ogni cinque minuti troverei sempre contenuti diverse, postate e proposte da persone differenti.
Facebook fa registrare numeri enormi e questo ormai non sorprende (c’è solo da chiedersi fino a quando manterranno un trend di crescita esponenziale), ma se pensiamo che ogni minuto si inviano quasi 44.450 tweets, ci rendiamo conto di quali dinamiche stiano plasmando le modalità di comunicare su queste piattaforme.

Interessante vedere, a proposito di Twitter, come un singolo tweet lanciato in rete da Lady Gaga possa potenzialmente venir letto da un numero di followers che raggiungono un numero pari alle copie quotidianamente stampate del Wall Street Journal, di Usa Today e del New York Times sommate tra loro.

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Social Media e Online Newsmaking: la presentazione

Giovedì pomeriggio ho avuto il piacere di parlare per circa quattro ore a ventina di giornalisti e aspiranti tali nel corso di una Summer School organizzata dall’Almed dell’Università Cattolica di Milano.
La scuola di formazione, della durata di una settimana, ha come titolo: “Online Newsmaking. Tecniche e strumenti di progettazione e sviluppo di un newsmagazine in Internet“.

A me è stato affidato il modulo riguardante i rapporti tra le testate giornalistiche e social media. Ho cercato, per quanto possibile, di dare loro un quadro generale dell’ecosistema complesso dei social media, di come internet sia stato e sia tutt’ora uno strumento democratico di diffusione dell’informazione e di come le piattaforme sociali siano degli ambienti con dinamiche totalmente diverse da quelle dei media tradizionali.

Non sono mancate indicazioni pratiche e piccoli consigli per cominciare subito a pubblicare materiali sui più utilizzati e noti canali come Twitter, Youtube, Facebook e Flickr.

Grazie a tutti i ragazzi che hanno avuto la pazienza di ascoltarmi e grazie per gli interessanti scambi di battute durante lo speech, la pausa caffè e il post-intervento! 😉

Per tutti loro (glielo ho promesso 🙂 ) e per tutti gli altri interessati metto disposizione le slide che ho preparato. Sono più di 150…armatevi di pazienza e se riuscirete a superare la cinquantesima mi riterrò onorato.

I commenti, non sto neppure a dirlo, sono a vostra disposizione.

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Cosa sono i social media oggi?

Facebook Friends Cartoon

Una segnalazione veloce ad una risorsa che mi è capitata sotto gli occhi in questi giorni. Si tratta di una presentazione di scenario digitale che vuole tratteggiare lo stato dell’arte dei social media prendendo come spunto alcuni numeri derivati dalle attività degli utenti in rete.

Con un titolo un po’ sopra le righe, “What The F*** is Social Media now” di All Digital mette in fila, in un centinaio di slide, alcune interessanti evidenze con lo scopo di raccontare cosa è diventata la rete ai giorni nostri.

Ecco, solo alcune delle cifre citate dalla presentazione:

  • 500 miliardi: numero di minuti spesi su Facebook al mese
  • 25 miliardi: contenuti condivisi ogni mese su Facebook
  • 500 miliardi: la quantità di singole alterazioni della percezione che, attraverso i social media, gli americani generano ogni anno
  • 24 ore: la lunghezza dei video uploadati su YouTube ogni minuto
  • 2 miliardi: il numero di video guardati ogni giorno su YouTube
  • 4 miliardi: il numero delle immagini caricate su Flickr

Tutto ciò dà immediatamente la percezione di un ecosistema di contenuti in continua cresci ed espansione che sta conoscendo uno sviluppo con tassi esponenziali. La cosa interssante è che i social media influenzano la vita al di fuori della rete. Un esempio lo si ricava direttamente da un dato condiviso nella presentazione: un sesto dei matrimoni dell’ultimo anno hanno unito persone che si sono conosciute o sono state messe in contatto attraverso siti di social network.

Scorrendo le slide mi sono chiesto: ha ancora senso parlare (solo) di fenomeno dei social media? A me pare quantomeno riduttivo.

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Video viral: sfruttare la verosimiglianza come leva per la diffusione

Andy Murray

Head ha pubblicato uno spot video video in cui il famoso tennista Andy Murray si esibisce in prodigi con racchetta e pallina.
Lanciato prima del torneo di Wimbledon, il commercial ha raccolto moltissime visite in poco tempo: in poco più di un mese si contano quasi un milione di views. Siamo dunque  di fronte un altro caso di video virale.

Ma da dove ha origine la scalabilità? Secondo me dallo stupore provocato dalle immagini verosimili. Credo che anche un giocatore professionista come Murray non sia in grado di dimostrare una precisione tale da poter fare tiro a piattello con una racchetta, una pallina da tennis e un set di piatti. Tuttavia, è possibile che una cosa del genere accada, ma si tratterebbe di un evento fortuito e, per questo, non replicabile.

Nel caso del video di Head ciò che ha provocato un boom di visite è proprio la linea sottile di demarcazione che separa un colpo mirabolante e unico e la semplicità con cui il giocatore riesce a riprodurre un atto di tale difficoltà. Il tutto con l’intermediazione del testimonial/professionista che ha una parte fondamentale nell’attestazione di senso di quello che vediamo. Mi spiego meglio: se mi mettessi io a fare le stesse cose che fa Murray (ovviamente lavorando di post-produzione del video 🙂 ) il mio video sarebbe immediatamente etichettato come il solito fake.
In questo caso, però, il campione tende ad eludere la differenza tra la realtà e la finzione, perché con le sue capacità già note e conosciute ha l’abilità di rendere ordinario ciò che è (o dovrebbe essere) straordinario e quindi attraente.

Il continuo interrogarsi da parte dei navigatori sul “sarà davvero capace di farlo?” scatena il solito meccanismo alla base dei video virali: l’interesse generato attorno al contenuto innesca una dinamica di condivisione che permette la diffusione all’interno delle diverse reti sociali.

Ora che ci penso la stessa identica dinamica ha reso celebre il video in cui Ronaldinho prende ripetutamente la traversa con le nuove scarpe della Nike. Ve lo ricordate, vero?

Che ne pensate? Quali sono i fattori che, secondo voi, portano un video ad essere virale? Conoscete altri esempi simili?

Foto