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Social Media e Online Newsmaking: la presentazione

Giovedì pomeriggio ho avuto il piacere di parlare per circa quattro ore a ventina di giornalisti e aspiranti tali nel corso di una Summer School organizzata dall’Almed dell’Università Cattolica di Milano.
La scuola di formazione, della durata di una settimana, ha come titolo: “Online Newsmaking. Tecniche e strumenti di progettazione e sviluppo di un newsmagazine in Internet“.

A me è stato affidato il modulo riguardante i rapporti tra le testate giornalistiche e social media. Ho cercato, per quanto possibile, di dare loro un quadro generale dell’ecosistema complesso dei social media, di come internet sia stato e sia tutt’ora uno strumento democratico di diffusione dell’informazione e di come le piattaforme sociali siano degli ambienti con dinamiche totalmente diverse da quelle dei media tradizionali.

Non sono mancate indicazioni pratiche e piccoli consigli per cominciare subito a pubblicare materiali sui più utilizzati e noti canali come Twitter, Youtube, Facebook e Flickr.

Grazie a tutti i ragazzi che hanno avuto la pazienza di ascoltarmi e grazie per gli interessanti scambi di battute durante lo speech, la pausa caffè e il post-intervento! 😉

Per tutti loro (glielo ho promesso 🙂 ) e per tutti gli altri interessati metto disposizione le slide che ho preparato. Sono più di 150…armatevi di pazienza e se riuscirete a superare la cinquantesima mi riterrò onorato.

I commenti, non sto neppure a dirlo, sono a vostra disposizione.

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Cosa sono i social media oggi?

Facebook Friends Cartoon

Una segnalazione veloce ad una risorsa che mi è capitata sotto gli occhi in questi giorni. Si tratta di una presentazione di scenario digitale che vuole tratteggiare lo stato dell’arte dei social media prendendo come spunto alcuni numeri derivati dalle attività degli utenti in rete.

Con un titolo un po’ sopra le righe, “What The F*** is Social Media now” di All Digital mette in fila, in un centinaio di slide, alcune interessanti evidenze con lo scopo di raccontare cosa è diventata la rete ai giorni nostri.

Ecco, solo alcune delle cifre citate dalla presentazione:

  • 500 miliardi: numero di minuti spesi su Facebook al mese
  • 25 miliardi: contenuti condivisi ogni mese su Facebook
  • 500 miliardi: la quantità di singole alterazioni della percezione che, attraverso i social media, gli americani generano ogni anno
  • 24 ore: la lunghezza dei video uploadati su YouTube ogni minuto
  • 2 miliardi: il numero di video guardati ogni giorno su YouTube
  • 4 miliardi: il numero delle immagini caricate su Flickr

Tutto ciò dà immediatamente la percezione di un ecosistema di contenuti in continua cresci ed espansione che sta conoscendo uno sviluppo con tassi esponenziali. La cosa interssante è che i social media influenzano la vita al di fuori della rete. Un esempio lo si ricava direttamente da un dato condiviso nella presentazione: un sesto dei matrimoni dell’ultimo anno hanno unito persone che si sono conosciute o sono state messe in contatto attraverso siti di social network.

Scorrendo le slide mi sono chiesto: ha ancora senso parlare (solo) di fenomeno dei social media? A me pare quantomeno riduttivo.

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Youtube è il social network più bloccato al mondo

OpenNet Initiative si è occupata di mappare il grado di controllo e censura sui Social Networks di diversi Paesi nel mondo. Sul loro sito è presente una mappa interattiva che permette di selezionare il social network e vedere quali stati hanno intrapreso politiche di censura dei contenuti, in modo parziale e totale.
Potete vedere quella relativa a YouTube qui sotto.

Censura Youtube nel mondo
Stati che censurano Youtube nel mondo

Mettendo a confronto le varie mappe tematiche è risultato essere YouTube il social network che può vantare il record negativo con ben sette Stati al mondo che ne impediscono alla popolazione l’accesso completo: Tunisia, Libia, Turkia, Siria, Iran, Turmekistan e Birmania. Teoricamente ce ne sarebbe un ottavo, la Corea del Nord ma la ricerca di OpenNet Ititiative precisa:

“ONI has been unable to test in North Korea, but sources indicate that the government only permits citizens to access a small, tightly controlled list of websites.”

Poi ci sono alcuni Paesi che potremmo definire “controllati” dai propri governi che filtrano in modo diretto i contenuti che la popolazione può raggiungere all’interno della piattaforma di video sharing.
Tra di essi sono presenti degli Stati insospettabili come Germania e Regno Unito che si sono sempre distinti per una politica a sostegno dell’accesso alla rete. Come mai allora sono stati catalogati come paesi nei quali YouTube “…is intermittently or partially blocked” ?

Lo studio riporta che in entrambi i casi i Governi hanno deciso di limitare l’accesso ai video per delle dispute legali con i rispettivi Istituti incaricati di tutelare i diritti d’autore degli artisti; l’equivalente della SIAE italiana.

Nello specifico, queste le spiegazioni:

  • Germania: “ONI testing found no evidence that YouTube is blocked in Germany, but in 2009 YouTube temporarily blocked access to all music videos on the site during a dispute with GEMA, the organization charged with collecting German artists’ royalties.”
  • Regno unito:
    ONI testing found no evidence that YouTube is blocked in the United Kingdom, but in March 2009 YouTube temporarily blocked access to music videos during a dispute over licensing with the Performing Rights Society.”

Il video, dunque, fa più paura dei cinguettii di Twitter, delle foto di Flickr o dei contenuti che popolano Facebook.

|Via|