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Calciomercato, 3 modelli di articoli giornalistici pronti per l’uso

Cari giornalisti sportivi, cari redattori pagati a parole, cari stagisti costretti a lavorare gratis, l’estate è un periodo convulso per il calcio, lo sapete e lo sappiamo bene tutti.
Terminati i campionati e le coppe e in assenza di Europei e Mondiali, il racconto quotidiano del calcio subisce una battuta da arresto. E adesso, cosa raccontiamo? Ma come, c’è il calciomercato!

Già dalle prime ore che seguono la stagione ufficiale, ecco che il gran circo si rimette in moto, sempre uguale a se stesso: via ai grandi proclami, annunci di scambi clamorosi, retroscena insospettabili, la rivelazione delle mezza verità.
Del resto ci sono da occupare intere pagine di giornali e macinare pagine viste dalla metà di giugno alla fine d’agosto. Più di 70 giorni di nulla.

Tutti, nessuno escluso, la mattina si svegliano con un solo obiettivo: trovare una notizia, una qualunque, e vestirla da scoop dell’estate.
Va bene qualsiasi cosa: basta anche un voce non confermata, un “sentito dire” da piazza di paese. L’importante è scrivere un articolo, una maledetta cartella che giustifichi il proprio lavoro. Poi domani si vedrà.

E allora mi è venuta voglia di fare un regalo a questi piccoli martiri laici di un giornalismo fatto di quantità e di gare a chi la spara più grossa.

Ecco 3 articoli già pronti, agili per il web ma adatti anche alla carta, pronti per ogni evenienza da copiare-incollare per fare felice il proprio caporedattore.
Basta solo cambiare quelle due o tre variabili e il gioco è fatto: l’articolo-tipo per il calciomercato è servito! Facile, eh?

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Il derby: ogni volta la stessa storia

Inter - MilanCapita (di solito) due volte l’anno ed è sempre la stessa storia. Non importa chi ha più punti o chi ha le motivazioni più forti. Il derby di Milano è una partita con una storia a sé dove le previsioni dei guru statistici lasciano il tempo che trovano. Nelle che precedono l’evento i tifosi di entrambi gli schieramenti si divertono a prevedere quale formazione scenderà in campo, a rammaricarsi o a godere per il numero degli infortunati della propria squadra o di quella avversa, a sperare che il proprio beniamino peschi dal cilindro una prestazione memorabile.

E poi ci sono i commenti  sull’arbitro, che nell’italietta calciofila è accusato spesso di essere l’ago della bilancia; i più ferrati, quelli che hanno una memoria da almanacco, reciteranno a memoria tutti i precedenti del direttore di gara, con l’intenzione di dimostrare che gli avversari da battere in campo saranno 12 e non 11. Non importa chi sia stato designato, sarà sempre un arbitro avverso alla propria squadra e nettamente compiacente all’altra.

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Scusa ma ti chiamo amore

A volte capita di chiedersi perché. Perché l’Inter e non un’altra. A volte temiamo di essere pazzi: pensiamo alla nostra squadra come ad una condizione esistenziale e filosofica. Questo non è da tutti: ma è proprio da interisti. In una sera per niente qualunque di marzo sfogli la storia nerazzurra: 103 anni di amore, passione, di storie che sono favole, di calciatori belli e impossibili.

Ti ricordi l’ironia di Veleno e Prisco, le gambe del Peppin Meazza, la faccia pulita di Giacinto Facchetti, l’amore di Angelo Moratti tramandato di padre in figlio, la gentilezza di Massimo, i voli di Walter Zenga, la poesia di Roberto Baggio, la fragilità di Ronaldo, la generosità di Javier, la determinazione familiare di Materazzi, l’umiltà di Cambiasso, la magia di Sneijder, la corsa di Eto’o, la testardaggine di Lucio, la precisione di Samuel, la forza fisica di Maicon, i gol di Milito, i sogni acchiappati di Julio, l’intelligenza di Mourinho. E quel testimone proiettato nel futuro e nel sorriso di un allenatore che porta il nome di un pittore: Leonardo. Un pittore come quello che ha creato con la sua tavolozza quello stemma che porti inciso sull’anima.

Passato e presente si mischiano e ti ricordi che nessuna è come l’Inter, perché è uno statuto del pensiero, un modo di essere, un amore assoluto capace di perdere, una questione di cuori che non si arrendono mai, fino alla cima del mondo.

Tifi per Lei e impari a starci dentro: in apnea novanta minuti, sempre, a convivere con l’ansia e la consapevolezza. E sulla pancia qualcosa che si apre e si chiude: è proprio allo stomaco che Lei ti prende.

Anche quando senti di essere arrivato c’è ancora qualcosa da imparare a superare, le sconfitte sono una tragedia, le vittorie non sono solo vittorie, hanno altre sfaccettature. Sogni con i piedi per terra, ti esalti e un attimo dopo ti complichi la vita. Lei è imbattibile in questo. Serve una predisposizione, una capacità innata per innamorarsi del nerazzurro. Un bel giorno l’Inter accade alla tua vita, ti sceglie e tu non sei più capace di farne a meno. Scopri che non ha senso chiedersi perché. Dici Inter e hai detto tutto. Succede così da un secolo e poco più.

TANTI AUGURI INTER!

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Barcellona – Inter: la sconfitta più bella

Mourinho Barcellona Inter

Ce l’hanno messa davvero tutta, i cari catalani, per infondere timore all’Inter prima della finale che avrebbe decretato la squadra che sarebbe andata a Madrid.

Magliette per caricare spingere i tifosi allo stadio, spot televisivi, minacce di terrore, baccano sotto le finestre dell’albergo, presunte pendenze fiscali.
A dire il vero i blaugrana non hanno eccelso anche con la sportività post-partita, visto gli innaffiatori che sono stati azionati per impedire ai giocatori di festeggiare sotto la curva affollata dai pochi ma intrepidi fedelissimi che hanno seguito gli 11 (o dieci?) di Mourinho in trasferta.

Ma non c’è stato niente da fare per fermare l’armata nerazzurra che per 68 minuti ha giocato in 10 contro 11, dimostrando tanta organizzazione e un’eccellente compattezza contro la squadra con il miglior gioco offensivo del mondo.

Ora un appuntamento comune: vi aspettiamo tutti qui, alle 20.45 del 22 maggio 2010, Stadio Santiago Bernabeu.

Stadio Santiago Bernabeu

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Inter: Poker a San Siro

Oggi. Domenica. Un giorno uggioso e fresco, come a ricordare che oltre alla ripresa del lavoro ci aspetta anche un cambio di stagione.
Tempo che dovrebbe andare a braccetto con la malinconia, segno cupo di un ritorno alla quotidianità che si era lasciata felicemente da parte durante le vacanze estive, ormai un ricordo lontano.
Giorno che ti spinge a rinchiuderti in casa in cerca di riposo e relax.
E invece no, non è così, almeno per me.
Ho ancora chiare nel cuore le emozioni di ieri sera che mi hanno portato stamattina ad un risveglio senza voce, felice, con il sorriso.
Momenti unici, aspettative rare, che solo un derby ti sa regalare.

4 gol, 3 minuti, 1 video. Grazie Inter.