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Promodigital affida ai blogger la promozione di H&S: questa strategia paga?

hs_citrusPromodigital, società milanese e romana specializzata nel buzz online, mi ha coinvolto in un progetto di promozione di marchio di shampoo, H&S (tanto per intenderci l’ex brand Head&Shoulders)

Il kit che mi è stato recapitato per testare i prodotti della linea era composto da 5 tipologie di shampoo (tutti antiforfora, si differenziano per aroma), una sacca della nazionale di Rugby italiana, un pallone da rugby formato mini e una chiavetta da 512mb (accessorio che fa sempre comodo).

Purtroppo, come avrete notato, sono rimasto lontano dal blog per qualche giorno, impegnato in alcuni lavori e faccende di vario tipo.
Devo essere sincero: sono un po’ scettico a parlare in questo blog (e, credo, nella maggiorparte dei blog) degli effetti che uno shampoo può avere sulla cute della propria testa, senza cadere in una squallida marchetta.

Allora ho deciso di osservare la cosa da un punto di vista differente: tralasciando la descrizione del prodotto ho cercato di raccogliere, per quanto possibile, le reazioni che la blogosfera e la Rete hanno avuto nei confronti di questa iniziativa.

La domanda che mi ha accompagnato nella prima parte della mia breve analisi è stata la seguente: promuovere prodotti di questo tipo sfruttando le logiche partecipative e virali del Web paga o meno?
Credo che quella di gettare nel mare degli UCG qualsiasi tipo di prodotto sperando che se ne parli (possibilmente bene) sia più una moda che una strategia ben pensata.
Faccio un esempio: se vi dicessero di parlare ad un amico di quanto è bello e funzionale il vostro cellulare di sesta generazione, lo fareste? Beh, io sì e molto volentieri.
Se vi dicessero invece di parlare sempre al vostro amico di quanto lo Zinco Piritone è importante per ridurre la vostra produzione industriale di forfora, lo fareste con lo stesso entusiasmo? Credo di no, a meno che non ci sia un vanesio all’ennesima potenza tra di voi 🙂
Di conseguenza credo che ci siano prodotti che si sposano a strategie che si basano sui social media con più “naturalezza” rispetto ad altri. Questo per una serie di motivi, ne cito solamente un paio:

  • Prestigio conferito dal prodotto all’interno di una comunità sociale: il cellulare decreta uno status, lo shampoo no.
  • Incremento della propria autorità all’interno di una comunità sociale: il mio consiglio di usare un determinato cellulare, se accettato, porta presumibilmente altre persone a condividere la mia stessa soddisfazione spingendole a loro volta a diffondere le motivazioni della loro scelta. Non credo che uno shampoo sia un prodotto per cui “ci si può vantare”.
  • Seconda domanda: a fronte di queste premesse quale è stata la reazione della Rete? Ad ora ho trovato questi post:

  • Massimo Cavazzini
  • Nicola Mattina commentando Massimo Cavazzini
  • Federico Moretti
  • Roberto Filippi
  • MedicinaLive
  • Umbazar
  • Sport e motori – Blogosfere
  • Ciasco & Kati’s Blog
  • Andrea Febbraio, Ceo di Promodigital, segnala che la notizia è stata ripresa anche dall’ANSA
  • Alcuni mi sono sembrati quasi dei publiredazionali, semplicemente descrizione del prodotto con descrizione pressochè copiata dal materiale inviato a corredo dei prodotti. In altri casi l’approccio è stato invece corretto rimandando le valutazioni tra qualche tempo e raccontando le prime impressioni sulla proposta.

    E’ ancora presto per valutare se la mia tesi iniziale possa essere confermata o meno. Rimango comunque dell’idea che non tutti i prodotti si prestino a logiche di buzz marketing in Rete. Vedremo se sarà questo il caso di questi shampoo 🙂

    A prescindere da questa breve analisi, che in nessun modo pretende di essere esaustiva e completa, devo ammettere che il kit è veramente bello e curato (il pallone da rugby è fantastico).

    Ah, dimenticavo: gli shampoo sembrano funzionare a dovere, ovviamente non gli ho ancora provati tutti e 5, ma ho cominciato con quello al limone e non posso che dirmi soddisfatto! 😉

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    Microsociologia dei (Social) Network

    Trovo questa bella presentazione sul blog di Nicola Mattina, che da poco ho il piacere di leggere.
    E’ di David Armano che, come suo solito, spiega in modo illuminante ed efficace i nuovi pratiche di comunicazione che sfruttano gli innumerevoli strumenti messi a disposizione dalla Rete.
    Interessante, perchè anche lui è concorde nel dire che non sono le tecnologie che creano la socialità, caratteristica insita nell’uomo dalla notte dei tempi, ma le modalità di utilizzo che le persone sviluppano grazie a queste tecnologie.
    Fino a creare vere e proprie pratiche sociali.

    View more presentations from David Armano. (tags: behavior human)

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    Ma cosa vi ha fatto questo Facebook?

    question_markUltimamente tira un’aria di insofferenza su Facebook. Una rincorsa affannata e ostentata che mira a distruggerne quasi lo stesso diritto di esistere. Una crociata contro chi frequenta questo nuovo contesto comunicativo. Negli ultimi mesi l’hype intorno a questa piattaforma sembra aver completamente cambiato direzione passando dall’esaltazione alla demonizzazione.

    A conferma di quello che dico elenco solo alcune delle occasioni in cui mi sono trovato ad osservere un’accusa contro Facebook:

  • il 3 febbraio ho scritto un post per riportare la notizia di una ricerca inglese che dimostrerebbe come Facebook provochi depressione nelle persone
  • l’altro giorno sfoglio uno dei tanti Venerdì di Repubblica che ho in casa e vedo che la copertina è dedicata a Facebook, con questo titolo: Quelli che… Facebook ha un po’ rotto
  • prima di cominciare scrivere questo post sento SkyTg24 che riporta l’intervento di un politico che accusa Facebook di essere veicolo per messaggi razzisti e xenofbi.
  • mi capita sott’occhio, 20 minuti fa, questa notizia: “Facebook fa regredire il cervello all’infanzia”. Ha tanto l’aria di essere più una notizia per un tabloid che non per una pubblicazione scientifica.
  • Mi potete spiegare cosa ha questo Facebook da essere così mal digerito?

    Sia chiaro: pur usando quotidianamente Facebook, non scrivo certo questo post travestito da paladino del Web 2.0. Uso questi strumenti esattamente con la stessa accortezza con cui ho sempre cercato di usare altri mezzi di comunicazione, in primis la parola.

    Ciò che non riesco a capire sono queste fobie tecnofobe emergenti. Non vorrei si stesse diffondendo un certo pensiero per cui il nuovo, il dirompente, ciò che crea scompiglio nelle pratiche comunicative, diventasse un male per partito preso. Va bene che l’uomo è sempre stato ostile ad accettare ciò che non conosce (o non ha la volontà di conoscere) fino in fondo, ma ritengo che la cosa peggiore è quella di riversare le negatività di una società sui mezzi di comunicazione che questa usa per portare aventi le proprie idee.

    L’ho già accennato in questo post, riprendendo un intervento pulito e illuminante di Enzo Santagata : la gente usa i Social Network per comunicare, esattamente come fa da quando ha scoperto la parola. Bella scoperta: sono fatti per questo!
    E allora mi sorprende come certa gente (mainstream people :), come la chiamo io) si stupisca che su Facebook ci siano gruppi che inneggiano al razzismo, alla violenza & C.

    Non ci siamo riempiti le bocche per mesi dicendo che finalmente il Web 2.0 ha dato a tutti la possibilità di esprimersi? Bene, ma la libertà porta con sè tutte le sfaccettature di una società. Il Web 2.0 non è il Paradiso Digitale. C’è tanta feccia quanta ce nè nella vita analogica. Ne più, ne meno.

    Non sei d’accordo? non ti sta bene? Rifiuti Facebook a priori perchè tu sei uno di quelli che “Io Facebook non ce l’ho perchè non mi va di mettere i fatti miei in piazza” (e dimostri, così, di non conoscerlo a fondo)?

    Benissimo, non iscriverti, non farti coinvolgere. Nessuno dei sei milioni di italiani attualmente iscritti ti obbligherà mai a farlo.

    Forse, però, non avrai mai modo di contattare il tuo amichetto delle medie o la tua ex compagna di università che non vedi da 10 anni. Questo è un male o un bene? Precludersi il fatto di poter riprendere relazioni che altrimenti non avrebbero possibilità di essere vissute è positivo o negativo? A voi giudicare.

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    Tutti i propri EX su Facebook

    ex advUltimamente, un po’ per studio, un po’ per passione, sto ricercando un po’ di case histories su come le aziende usino i Social Network per promuovere i propri prodotti o servizi.

    Qualche giorno fà, durante la mia consueta consultazione di Facebook, ho trovato sulla pagina del mio profilo il banner che vedete riportato qui di fianco, che promuoveva il film EX, nelle sale dal 6 di febbraio. Subito nella mia mente sono scattati una serie di meccanismi sull’idea che poteva star dietro all’annuncio pubblicitario: EX –> relazioni –> Facebook. Ancora ignaro di cosa ci fosse veramente dietro, mi sono detto “Non è che questi hanno per una volta sfruttato Facebook esattamente per quello che è, vale a dire un enorme tracciato digitale di relazioni??”

    Per verificare se le mie intuizioni fossero fondate, ho voluto approfondire la cosa e mi sono deciso a cliccarci sopra per installare l’applicazione relativa.

    Ex collection permette di scegliere tra i contatti di Facebook i propri EX, aggiungendole ad una lista personale, indicando il periodo della propria relazione e la possibilità di inserire un breve commento. La cosa diventa interessante perchè la persona indicata riceve una notifica in cui deve confermare tutte le informazioni. Se invece, al contrario, si è aggiunti nella lista di qualcun altro, occorre confermare che effettivamente si è stati ex di quella persona. Avete per caso idea di quanti interessanti casi di misunderstanding ?? 🙂

    Fuori dall’ironia, mi sembra che questa iniziativa, prima nel suo genere, possa essere presa di esempio come una saggia modalità di utilizzo del Socal Network per delle azioni di promozione. C’è da fare, ad ogni modo, una precisazione: questa esperienza sta raccogliendo un riscontro positivo perchè sostanzialmente film e Social Network hanno un comun denominatore: entrambi si basano sulle relazioni. In questo senso la casa cinematografica ha trovato terreno fertile per uno sviluppo sensato e coerente di una strategia di promozione sui Social Media.

    Coerenza e sensatezza di cui spesso sono deficitarie alcune aziende che affrontato i Social Media come un mezzo da presidiare e non, come invece dovrebbero fare, da conoscere e sfruttare intelligentemente a loro favore.

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    L'uomo è un animale sociale, da sempre!

    Passando in rassegna, come ogni mattina, il mio elenco di feed, trovo un post molto bello di Enzo Santagata, che ribloggo in toto.  Non tanto per la qualità dell’intervento, di indubbia validità, ma quanto perchè in questi giorni stavo facendo delle riflessioni esattamente su questo tema. Non avrei potuto dirlo meglio di come ha già  fatto Enzo. Grazie 🙂

    Ecco il post:

    Cosa c’è dietro il successo dei social media? La domanda è uscita fuori in una classica discussione tra colleghi durante la pausa caffè. Anche se la risposta può essere scontata, su  un blog che tratta di social media, un ulteriore riflessione mi ha permesso di chiedermi: perchè la gente usa i social media?

    L’uomo è un animale sociale, le persone non sono fatte per stare da sole. (Seneca)

    Eccolo il segreto. Le attività che si fanno sui social media non sono niente di nuovo, niente che l’uomo non faccia già da decine di secoli. Conversare, socializzare, condividere, comunicare, informare, avvertire, descrivere, manifestare, riferire, confidare e trasmettere sono cose che facevamo ben prima dell’avvento di Facebook.

    I social media hanno consentito l’abbattimento di barriere che senza i nuovi media e senza internet sarebbero state impossibili da valicare con questa facilità. Basti pensare alla velocità con cui il nostro messaggio può raggiungere potenzialmente chiunque nel mondo e in qualunque posto.

    Se quindi le azioni sono le stesse ciò che è cambiato è il mezzo con cui diffonderle. E la comunicazione d’impresa ha il dovere di adattarsi. Non è una scelta, così come non lo era 100 anni fa lo scegliere tra il megafono e i cartelloni.

    It’s evolution, baby direbbero i Pearl Jam, e le aziende che sapranno adattarsi meglio a questi nuovi paradigmi  avranno un vantaggio spaventoso rispetto ai concorrenti, a patto però di interpretare correttamente le nuove dinamiche senza trucchetti e senza furbizia. Perchè non va dimenticato come i social media rendano il mondo un posto incredibilmente piccolo, ma potenzialmente migliore e più giusto e, soprattutto, tengono la gente lontana dalla tv. Che non è mai una cosa sbagliata.”