Se vi dico Social Media Editor cosa vi viene in mente? Sono certo che se ponessi questa domanda qualche dirigente (anche di aziende medie e grandi) il più delle volte sentirei risposte come: “E’ il ragazzo che rilancia i nostri comunicati su Twitter e Facebook”.
In realtà questa semplificazione banalizza il lavoro del Social Media Editor, ruolo che sta diventando sempre più centrale all’interno delle aziende.
Jeremy Stahl, Social media editor del sito Slate dal lontano (!) 2010, aveva dichiarato: [blockquote source=”Jeremy Stahl, Social media editor di Slate”]Twitter e Facebook sono diventati strumenti molto più potenti per ottenere traffico verso i siti ed è quindi fondamentali sfruttarli al meglio per migliorare la qualità del traffico del sito e la soddisfazione dei lettori.[/blockquote].
Non è possibile dare una definizione esaustiva del Social media editor, un ruolo che deve adattarsi al contesto dentro al quale è inserito. In alcuni casi, il Social Media editor si occupa di creare e far crescere nuovi canali comunicativi, in altri casi è impegnato a monitorare le menzioni del Brand per il quale lavora sui social media e si inserisce all’interno delle conversazioni.
DigiDay ha deciso di contattare alcuni Social media editor selezionati a partire dalla realtà in cui lavorano: alcuni di loro fanno parte di staff editoriali di testate storiche, altri invece sono inseriti in contesti nati negli ultimi anni e che svolgono la loro attività solo in rete. Lo scopo è quello di sfatare alcuni “miti” relativi alla figura del Social media editor.
l social media editor rilanciano i titoli degli articoli su Twitter
Uno degli stereotipi più diffusi è che il compito principale del Social media editor sia quello di postare gli articoli su Twitter e Facebook. Una volta fatto, il loro lavoro è finito. Il resto del tempo è impiegato ad incrementare la propria notorietà in rete con attività di self branding. Niente di più lontano dalla verità.
Daniel Victor, uno dei social media editor del New York Times, ci spiega che le cose non stanno proprio così: [blockquote source=”Daniel Victor, Social media editor del New York Times”]Monitorare e pubblicare contenuti su Twitter è solo una parte del mio lavoro, e neanche quella che mi impegna per più tempo. Le persone credono che io passi tutto il giorno a twittare notizie su @nytimes ma in realtà a quell’attività dedico non più di un giorno a settimana. Il resto del mio tempo lo passo a lavorare a stretto contatto con la redazione per fornire ai giornalisti nella ricerca delle fonti, coordinando il flusso di informazioni duranti i lanci di breaking news, ideando e “manipolando” i contenuti per offrire al nostro lettore un’esperienza di lettura il più coinvolgente e interessante possibile, sfruttando i nostri canali sui social media nel miglior modo possibile. Senza dimenticare, poi, la formazione a giornalisti: dalle basi di Twitter fino al suo utilizzo per la ricerca di testimoni da intervistare dopo un incidente ferroviario.[/blockquote]
I Social media editor pubblicano i contenuti sul social media più “cool” del momento
Nessuna testata vuole farsi prendere alla sprovvista quando verrà lanciato un “nuovo” Facebook. Il lavoro del Social media editor è quindi tanto quello di individuare e comprendere il funzionamento e le potenzialità nei nuovi social media, quanto quello di ottimizzare i contenuti per quelli che già si stanno utilizzando. Jeremy Stahl ha le idee molto chiare a riguardo.
[blockquote source=”Jeremy Stahl, Social media editor di Slate.com”]I Social media editor non possono concentrarsi solamente su quello che stanno facendo, ma devono dedicare parte del loro tempo a controllare come si sta muovendo la concorrenza nel settore in cui operano. Dobbiamo essere alla ricerca di ciò che funziona ed essere sempre al corrente dei “trending topic” della rete e che potremmo sfruttare per diffondere nel modo migliore i contenuti di cui ci stiamo occupando. L’abitudine ad “avere polso” della rete e delle sue conversazioni non deve rimanere relegata solo allo staff dei Social media editor, ma deve cambiare il mindset dell’intera redazione. E’ necessario passare da semplici diffusori di informazione a dei veri e propri evangelizzatori per le persone con le quali lavoriamo. [/blockquote]
I Social media editor sono pigri e non sono dei veri giornalisti
I migliori Social media editor, così come i creativi più brillanti, danno il meglio sé se operano all’interno di vincoli ben precisi. Margarita Noriega, redattore di Marketplace ed ex redattore di Reuters, ha dichiarato di pianificare i propri tweet proprio come un giornalista pensa e scrivere un suo pezzo, dichiarando che “I tweet sono delle piccole opere d’arte”.
Della stessa idea Liz Plank, Social media editor di PolicyMic: “Riuscire ad esprimere un concetto di valore – per non parlare di generare interesse – in 140 caratteri è molto difficile. In alcuni casi ci si mette di molto meno tempo a raccontare un evento in due paragrafi che in un tweet. Creare un contenuto sembra un’attività alla portata di tutti…fino a quando non ci si prova.”
I Social media editor non esistono (e servono) più
Anche se il lavoro del Social media editor sia cambiato molto nel corso degli ultimi anni, ciò non significa che non esista più. Sempre Margarita Noriega ammette che non i giornalisti più giovani siano in grado di usare correttamente Twitter. Alcuni, in realtà, non hanno nemmeno un account. Ecco quindi che il Social media editor entra in scena per accompagnare ed educare allo strumento chi ancora non lo conosce bene o chi lo vorrebbe sfruttare meglio.
[blockquote source=”Margarita Noriega, redattrice di Marketplace”]Non basta invitare i giornalisti a twittare di più, occorre verificare che poi lo facciano davvero. La maggior parte dei giornalisti che si sentono obbligati ad avere un account Twitter, non scrivono neppure un tweet al giorno e neanche si sognano di controllare cosa scrivono gli altri utenti. C’è ancora molta differenza tra gli scettici e gli entusiastici nell’utilizzo dei social media.[/blockquote]
E’ tutta una questione di velocità
Twitter è uno strumento molto efficace per la diffusione di notizie dell’ultima ora. Attenzione però, perché le sviste sono dietro l’angolo dare per vera una notizia non verificata è uno degli errori più comuni. Ma la velocità è solo una parte del lavoro, sostiene Veronica de Souza, Social media editor di Digg.
“Penso che l’opinione popolare è che durante la rottura-news, editori social media twittano prima e poi fanno domande”, ha detto. “Quando si tratta di ultime notizie, il punto è quello di ottenere le informazioni corrette verso il maggior numero di persone”.
[blockquote source=”Veronica de Souza, Social media editor di Digg.”]Quando ci si occupa di seguire delle breaking news, è fondamentale riuscire ad ottenere le informazioni corrette e verificarle incrociando quante più fonti possibili.[/blockquote]
[divider type=”dashed” spacing=”25″]Liberamente tratto da Beyond tweeting: Demystifying the social media editor di Riccardo Bilton