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Social network

Microsociologia dei (Social) Network

Trovo questa bella presentazione sul blog di Nicola Mattina, che da poco ho il piacere di leggere.
E’ di David Armano che, come suo solito, spiega in modo illuminante ed efficace i nuovi pratiche di comunicazione che sfruttano gli innumerevoli strumenti messi a disposizione dalla Rete.
Interessante, perchè anche lui è concorde nel dire che non sono le tecnologie che creano la socialità, caratteristica insita nell’uomo dalla notte dei tempi, ma le modalità di utilizzo che le persone sviluppano grazie a queste tecnologie.
Fino a creare vere e proprie pratiche sociali.

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Me

Un passo in più

Ci sono frasi che ti entrano dentro quando le senti, che ti fanno viaggiare con il pensiero, che ti fanno sentire un po’ più vivo.
Leggendole, esci per un attimo dalla tua vita, ti fermi e cerchi di fare il punto della situazione. Non è semplice di questi tempi, ma proprio per questo diventa sempre più necessario.
E’ una frase che profuma di crescita, di maturazione e anche un po’ di orgoglio, ingrediente essenziale che non deve mancare mai per raggiungere i propri obiettivi.

Lo so, c’entra poco con questo blog, ma non mi interessa. Alcune cose, in questo caso una frase, mi fanno diventare un po’ più grande, questa è una di quelle. Una sorta di pietra miliare  che precede una buona intenzione, una svolta, un assestamento.

E come sempre, le cose più belle, sono regalate dalle persone che più ti conoscono, sanno chi sei e come sei fatto. E, quindi, sanno sempre quello che hai bisogno, al momento più opportuno. Grazie.

Per questo merita uno spazio speciale nel flusso delle mie idee. Questo mi sembrava il posto più adatto.

“La soluzione a me pare di averla trovata nel senso che se riesci a migliorare te stesso, a fare qualcosa di te stesso e a renderti conto dell’inutilità di tutto il resto, forse metti le basi per qualcosa di grande che è, secondo me, essenziale: l’evoluzione dell’uomo verso un piano superiore.”

(Tiziano Terziani , La fine è il mio inizio, Ed. Longanesi pag. 416)

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Web

L'importanza dei legami deboli

Chi parla è Andrew McAfee, professore associato alla Harvard Business School. In questa intervista, realizzata da Tiburon.tv, McAfee dà la sua definizione di Enterprise 2.0.
I temi toccati sono sempre quelli: portare i sistemi 2.0 dentro l’impresa, knowledge management condiviso e orizzontale, distribuzione veloce delle informazioni, vanificazione della componente geografica e temporale. Tutte cose già ampiamente sentite.

Tuttavia mi ha fatto riflettere il passaggio in cui parla dei weak ties, “legami deboli”, connessioni estemporanee che identificano relazioni tipiche delle logiche della Rete, diverse dagli strong ties, con cui si definisce la cerchia delle conoscenze più pronfonde e intime (famigliari, amici, colleghi di lunga data).
McAfee ritiene i legami deboli i veri moltiplicatori dell’innovazione. Infatti, se per innovazione intendiamo la capacità di produrre nuove idee dalla sintesi di condivisione di esperienze pregresse e eterogenee, ci rendiamo subito conto che ciò che serve sono strumenti adatti a sostenere e supportare i weak ties, unendo mondi di pensiero differenti, che altrimenti non sarebbero mai riusciti ad entrare in contatto.

Questa cosa ho avuto modo di verificarla personalmente negli ultimi tempi. Strumenti come Twitter e FriendFeed mi hanno permesso di entrare in contatto e interagire (attenzione, non conoscere, quella è una cosa diversa, più profonda) con molte più persone di quanto mi abbiano permesso di fare tutti gli IMs usati fin’ora. Entrare nella discussione è veramente un attimo: basta un twitt interessnte, un reply su FF è in un istante sto conversando, sto scambiando informazioni.

Non è anche questa innovazione? Io credo di sì. E’ un’innovazione personale, un arricchimento.
Che passi dai 140 caratteri di un twitt, da un 3D su un forum o da un commento lasciato su un blog, non ha importanza.  Quello scambio di idee, estemporaneo e infinitamente piccolo rispetto alle voci della Rete, trasforma il mio modo di vedere le cose, mi rende sicuramente diverso da come ero prima di quell’interazione. Questo mi piace, molto.

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Italia

Un Bonolis in gran spolvero

A volte a non guardare la tv si perdono cose divertenti. Da pisciarsi.


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Social network

Ma cosa vi ha fatto questo Facebook?

question_markUltimamente tira un’aria di insofferenza su Facebook. Una rincorsa affannata e ostentata che mira a distruggerne quasi lo stesso diritto di esistere. Una crociata contro chi frequenta questo nuovo contesto comunicativo. Negli ultimi mesi l’hype intorno a questa piattaforma sembra aver completamente cambiato direzione passando dall’esaltazione alla demonizzazione.

A conferma di quello che dico elenco solo alcune delle occasioni in cui mi sono trovato ad osservere un’accusa contro Facebook:

  • il 3 febbraio ho scritto un post per riportare la notizia di una ricerca inglese che dimostrerebbe come Facebook provochi depressione nelle persone
  • l’altro giorno sfoglio uno dei tanti Venerdì di Repubblica che ho in casa e vedo che la copertina è dedicata a Facebook, con questo titolo: Quelli che… Facebook ha un po’ rotto
  • prima di cominciare scrivere questo post sento SkyTg24 che riporta l’intervento di un politico che accusa Facebook di essere veicolo per messaggi razzisti e xenofbi.
  • mi capita sott’occhio, 20 minuti fa, questa notizia: “Facebook fa regredire il cervello all’infanzia”. Ha tanto l’aria di essere più una notizia per un tabloid che non per una pubblicazione scientifica.
  • Mi potete spiegare cosa ha questo Facebook da essere così mal digerito?

    Sia chiaro: pur usando quotidianamente Facebook, non scrivo certo questo post travestito da paladino del Web 2.0. Uso questi strumenti esattamente con la stessa accortezza con cui ho sempre cercato di usare altri mezzi di comunicazione, in primis la parola.

    Ciò che non riesco a capire sono queste fobie tecnofobe emergenti. Non vorrei si stesse diffondendo un certo pensiero per cui il nuovo, il dirompente, ciò che crea scompiglio nelle pratiche comunicative, diventasse un male per partito preso. Va bene che l’uomo è sempre stato ostile ad accettare ciò che non conosce (o non ha la volontà di conoscere) fino in fondo, ma ritengo che la cosa peggiore è quella di riversare le negatività di una società sui mezzi di comunicazione che questa usa per portare aventi le proprie idee.

    L’ho già accennato in questo post, riprendendo un intervento pulito e illuminante di Enzo Santagata : la gente usa i Social Network per comunicare, esattamente come fa da quando ha scoperto la parola. Bella scoperta: sono fatti per questo!
    E allora mi sorprende come certa gente (mainstream people :), come la chiamo io) si stupisca che su Facebook ci siano gruppi che inneggiano al razzismo, alla violenza & C.

    Non ci siamo riempiti le bocche per mesi dicendo che finalmente il Web 2.0 ha dato a tutti la possibilità di esprimersi? Bene, ma la libertà porta con sè tutte le sfaccettature di una società. Il Web 2.0 non è il Paradiso Digitale. C’è tanta feccia quanta ce nè nella vita analogica. Ne più, ne meno.

    Non sei d’accordo? non ti sta bene? Rifiuti Facebook a priori perchè tu sei uno di quelli che “Io Facebook non ce l’ho perchè non mi va di mettere i fatti miei in piazza” (e dimostri, così, di non conoscerlo a fondo)?

    Benissimo, non iscriverti, non farti coinvolgere. Nessuno dei sei milioni di italiani attualmente iscritti ti obbligherà mai a farlo.

    Forse, però, non avrai mai modo di contattare il tuo amichetto delle medie o la tua ex compagna di università che non vedi da 10 anni. Questo è un male o un bene? Precludersi il fatto di poter riprendere relazioni che altrimenti non avrebbero possibilità di essere vissute è positivo o negativo? A voi giudicare.