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Relazione AGCOM 2009: la banda larga stenta a diffondersi in Italia

Martedì è stata resa nota la nuova relazione annuale dell’ AgCom, l’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, presentata da Corrado Calabrò, presidente dell’Autorità. All’interno del documento, liberamente scaricabile in versione integrale da questo link, sono presenti approfondimenti circa lo stato dell’arte dello scenario dei media italiani. Gli insight sono parecchi e rivolti a tutti i canali comunicazione: tv, radio, editoria, pubblicità, internet. A noi, ovviamente, interessa focalizzarci prevalentemente sui dati e le informazioni relativi allo scenario internet nel nostro paese. La relazione presenta prevalentemente dati annuali del 2008, ma non manca di aggiornamenti relativi anche ai primi mesi di quest’anno. La prima evidenza interessante sembra essere l’aumento della spesa da parte degli utenti per quanto riguarda i servizi dati di telefonia, segno di un incremento nella sottoscrizione di abbonamenti per accedere alla rete, come mostrato dalla tabella seguente.

Inoltre nel 2008, grazie alla diminuzione dei prezzi proposti dai provider, l’utenza ha preferito stipulare contratti di tipologia flat piuttosto che quelli a consumo. Anche questa informazione rivela come l’utilizzo di internet stia passando da un’attività saltuaria a una pratica ormai quotidiana. La tabella indica la variazione percentuale per tipologia di abbonamenti.

Un accenno poi alle velocità con cui si accede alla rete in Italia. Le tecnologia ADSL fà da padrona incontrastata, rappresentando il 97% degli accessi complessivi. E’ da segnalare anche una discreto aumento qualitativo nei servizi offerti, con oltre il 70% degli attuali accessi aventi capacità trasmissiva dichiarata superiore ai 2 Mbit/s, valore che si confronta con il 52% del marzo 2008 (vedi tabella qui sotto).

Se è vero che la quasi totalità degli accessi avviene con ADSL, è da sottolinare che questa tecnologia fornisce prestazioni limitate rispetto a quelle fornite in altri contesti di mercato caratterizzati da una maggiore diffusione di infrastrutture alternative, quali cavo e, soprattutto, fibra ottica. Dopo un breve excursus tecnologico, riportiamo anche il dato riferito alla penetrazione degli accessi alla rete tramite la banda larga, dato aggiornato a marzo 2009.

La penetrazione tra le famiglie, che mediamente sfiora il 41%, mostra risultati regionali piuttosto differenziati, con Lombardia e Lazio che presentano tassi di penetrazione superiori al 45%, mentre in alcune regioni del Mezzogiorno (Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna) la diffusione del broadband risulta vicina, quando non inferiore, al 30%. Anche in questo caso appare evidente l’effetto di fattori socio-economici nel determinare la penetrazione dei nuovi servizi di comunicazione tra le famiglie italiane. Se rapportiamo i dati italiani ad altri paesi europei, scopriamo che il Belpaese non eccelle in quanto a diffusione di internet veloce. Il grafico esplicita in modo visivo questo confronto.

La penetrazione del broadband tra la popolazione italiana risulta sensibilmente inferiore. La relazione dichiara che le componenti che influiscono su questo dato riguardano sia l’offerta nelle sue diverse caratteristiche (disponibilità del servizio,livello dei prezzi, qualità, bundle con altri servizi di comunicazione, offerta di servizida parte della Pubblica Amministrazione), sia gli elementi strutturali della domanda, che comprendono fattori economici (quali il reddito disponibile), nonché elementi di natura socio-demografica, che contribuiscono non poco a determinare l’ampiezza del “mercato potenziale”. Calabrò, esponendo i risultati dello studio, non nasconde che “la scarsa alfabetizzazione degli italiani costituisce indubbiamente una remora per la diffusione dell’utilizzo della larga banda”. Nella relazione è presente anche un accenno a tecologie alternative per la distribuzione della banda larga come wireless e satellitare, ma al momento non sembrano vie percorribili a causa dei costi elevati delle infrastrutture di supporto. L’ottimale per l’Italia sarebbe poter disporre di una rete basata sulla fibra ottica, allineandosi alle politiche sulle telecomunicazioni attivite da diversi paesi nel mondo. Tuttavia, l’auspicio generale che emerge dal documento è quindi quello di potenziare il più possibile la rete fisica esistente, consentendo al 96% della popolazione di connettersi in rete fino a 20Mbit/s. Il tutto entro il 2012 grazie al recente piano annunciato dal Vice Ministro Romani.

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Ricerca e media sociali: nuovi spunti

workshop_cattolicaOggi ho avuto il piacere di partecipare (un grazie a Ivan Montis per l’invito) a un workshop tenutosi all’Università Cattolica di Milano e promosso da OssCom in collaborazione con diversi centri di ricerca italiani, tra cui il Politecnico di Torino e l’Università Sapienza di Roma. L’incontro ha avuto come tema principale le Pratiche Sociali e Ambienti Digitali.

Per un’intera giornata si è parlato delle nuove metodologie di ricerca che si stanno sviluppando per indagare in maniera sempre più approfondita il mondo dei media partecipativi. Ciascun intervento ha fornito un contributo con l’esposizione di esperienze pratiche di ricerca analizzando ambiti diversi dei media digitali:studio del fandom, consumi dei media giovanili, fruizione dei patrimoni documentali e culturali online,  Social Network.

Interventi molto diversi tra loro, ma tutti fonte di spunti interessanti: alcuni a livello generale sul rapporto tra ricerca e media partecipativi, altri più specifici perchè riguardanti contesti particolari.Ne riporto alcuni che mi hanno colpito particolarmente.

  • Fausto Colombo, direttore di OssCom, in apertura, ha sottolineato come la metodologia di ricerca sui media partecipativi debba essere ripensata in funzione dell’iperdimensionalità crescente che vede protagonista l’utente nella fruizione del mezzo, unito ad un sensibile aumento dell’esperienza, anche tecnica.
  • Mario Ricciardi del Politecnico di Torino ha definito le scienze sociali ancora troppo “prudenti”, non ancora mature ad affrontare con il giusto distacco critico le evoluzioni della Rete. Ha invitato perciò a considerare le tecnologie digitali come attori attivi di profondo cambiamento culturale e non più sterili strumenti a servizio dell’uomo.
  • Juan Carlos De Martin del Politecnico di Torino ha invece posto l’accento su aspetti come egemonia, privacy e asimmetria informativa. Prendendo Facebook come paradigma dei Social Network per la sua completezza e complessività, ha illustrato come queste piattaforme (e quella di FB in particolare), stiano diventanto sempre più “omnicomprensive”: email, IM, video/photo sharing sono servizi che ormai sono stati “embeddati” all’interno del singolo servizio. Ciò causa una distorta percezione che “stare su Facebook” equivalga a “stare su Internet”, concependo il Network come la totalità (o quasi) dell’universo digitale conosciuto. Questo è un rischio che corrono in particolar modo le persone agli inizi del proprio approccio con la Rete, a causa di un’immatura dimestichezza con il mezzo.
    De Martin ha fatto emergere anche la questione attuale sulla privacy dei dati inseriti su FB, focalizzandosi in particolar modo sulla dimensione proprietaria e temporale delle informazioni sensibili immesse dagli utenti. La gestione del proprio profilo e delle diverse attività esercitate sulla piattaforma, non permettono all’utente un controllo totale. In ultima istanza quindi, il vero “detentore” sostanziale (ma non legale) dei dati è Facebook, che in questo modo, in soli due anni, ha creato un database informativo da fare invidia persino alle più avanzate strutture di Intelligence internazionale.
    Ultima questione evidenziata da De Marten è come Facebook rappresenti un perfetto esempio di sistema locked-in. I profili creati dagli utenti, e “coltivati” con cura durante il periodo di attività sulla piattaforma, non possono essere in nessun modo esportati, per essere ad esempio ricostituiti all’interno di un altro Social Networ. L’utente dunque è una sorta di “prigioniero” della propria identità perchè vincolato da una serie di attività pregresse che non possono in nessun modo essere estratte e ricostituite altrove.
  • Sara Monaci dell’Università degli Studi di Torino, ha proposto un’insight sull’utilizzo del digitale per la promozione dei beni culturali. Purtroppo il risultato della ricerca ha dimostrato, non certo con molta sorpresa, un’arretratezza dell’interattività sui siti dedicati a musei o a opere d’arte, ancora troppo chiusi sotto una campana di autoreferenzialità che non permette la giusta apertura verso pratiche di condivisione, soprattutto basate sull’UCG. Ben diverse le esperienze all’estero, sopratutto oltreoceano. Qui e qui degli esempi.
  • Giovanni Boccia Artieri, dell’Università degli Studi di Urbino, ha cercato di ragionare invece ad un nuovo approccio metodologico sugli UGC. Un qualsiasi processo di studio pone la questione della riflessività, parametro che rischia di distorcere i risultati della ricerca che si sta effettuando. Boccia Artieri, in collaborazione con altri ricercatori, ha sviluppato un sistema di “ascolto” delle conversazioni in rete senza che queste venissero influenzate dalla presenza della figura del ricercatore. Attraverso vari strumenti di monitoring, tra cui Google Blog Search, il ricercatore ha selezionato tutte le discussioni della blogosfera che rispondessero ad un set di keyword predefinite su un tema specifico (emerse da un focus group) per poi condurre delle analisi qualitative e quantitative. Metodo sicuramene innovativo perchè per la prima volta permette di analizzare delle conversazioni spontanee tra i soggetti in rete.

Finisco ora di appuntare e neanche mi accorgo di quanto ho scritto. E’ stata sicuramente una giornata ricca di riflessioni interessanti che non si esauriscono certo nei punti che ho cercato di sintetizzare qui sopra.
L’importante, però, credo sia fissare i concetti principali, le intuizioni più sottili. Spero di esserci riuscito.