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Mondo

Un mondo pieno di ditate

Quanto manca ad un futuro così?
Senza dubbio un affascinante sogno verso il futuro ma guardandolo mi sono reso conto che se da un lato la comodità potrebbe essere molta, dall’altro la dipendenza da fattori strutturale quali l’elettricità (in caso di blackout saremmo immobilizzati) e la disponibilità dei dati (di chi sono? dove stanno?) ci renderebbe forse più prigionieri che liberi.

Certo che se il futuro dovesse mai presentarsi con queste sembianze occorrerebbe munirsi di scorte di Vetril pressoché infinite 🙂

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Web

Bologna UserCamp

user_camp_bolognaVenerdì sono stato al primo BarCamp della mia vita: il Bologna User Camp, organizzato da Dr.O-One.
Non posso dare un giudizio comparativo in relazione ad altri eventi di questo tipo, ma di sicuro mi posso dire soddisfatto di questa giornata.
A prescindere dalla suggestiva location prescelta (Biblioteca Salaborsa di Bologna), il livello degli speech è stato alto, interessante e parecchio coinvolgente. Ogni presentazione, una volta conclusa, ha lasciato spazio al dibattito facendo emergere di volta in volta confronti interessanti.
C’è anche da dire che l’argomento si prestava bene ad essere sviscerato: il ruolo dell’utente e la sua importanza all’interno della comunicazione digitale.

Un tema del genere, lasciato (credo) volutamente ampio e generico, ha permesso ai realatori di approcciare la questione da punti di vista a volte molto differenti e questo è stato, per me, molto arricchente.

Delle tante riflessioni che mi sono frullate in testa nelle ore successive allo UserCamp, ce n’è stata una ricorrente: molte volte ci sforziamo di capire come,chi è, cosa fa o è l’utente quando, in fondo, ci dimentichiamo che noi stessi siamo gli utenti, anche se vestiamo i panni degli addetti ai lavori.
Non possiamo essere così miopi da incasellare ogni persona che usa la rete in un “target” ben definito. Quella è roba che va bene per il marketing old style. In rete è diverso, non ci sono prospect, ci sono persone che comunicano ogni giorno con il proprio linguaggio, si scambiano opinioni, riflettono, si cofrontanto e quindi cambiano, sempre.
Insomma, una giornata diversa ma molto interessante che sicuramente mi ha lasciato molto di più di quanto non abbia fatto un paio di giorni prima l’unica tavola rotonda a cui ho assisisto durante lo IAB.

Tutte le presentazioni sono presenti sul profilo Slideshare di Dr.One e a breve saranno pubblicati anche i video dei singoli speech sul blog.
I complimenti agli organizzatori sia per la riuscita dell’evento, sia per la scelta del tema di fondo, tanto vasto quanto nodale all’interno delle dinamiche digitali. Ovviamente anche Twitter a parlato della giornata, qui il search per #bolognaucamp.

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Numeri & dati Web

Ricerca e media sociali: nuovi spunti

workshop_cattolicaOggi ho avuto il piacere di partecipare (un grazie a Ivan Montis per l’invito) a un workshop tenutosi all’Università Cattolica di Milano e promosso da OssCom in collaborazione con diversi centri di ricerca italiani, tra cui il Politecnico di Torino e l’Università Sapienza di Roma. L’incontro ha avuto come tema principale le Pratiche Sociali e Ambienti Digitali.

Per un’intera giornata si è parlato delle nuove metodologie di ricerca che si stanno sviluppando per indagare in maniera sempre più approfondita il mondo dei media partecipativi. Ciascun intervento ha fornito un contributo con l’esposizione di esperienze pratiche di ricerca analizzando ambiti diversi dei media digitali:studio del fandom, consumi dei media giovanili, fruizione dei patrimoni documentali e culturali online,  Social Network.

Interventi molto diversi tra loro, ma tutti fonte di spunti interessanti: alcuni a livello generale sul rapporto tra ricerca e media partecipativi, altri più specifici perchè riguardanti contesti particolari.Ne riporto alcuni che mi hanno colpito particolarmente.

  • Fausto Colombo, direttore di OssCom, in apertura, ha sottolineato come la metodologia di ricerca sui media partecipativi debba essere ripensata in funzione dell’iperdimensionalità crescente che vede protagonista l’utente nella fruizione del mezzo, unito ad un sensibile aumento dell’esperienza, anche tecnica.
  • Mario Ricciardi del Politecnico di Torino ha definito le scienze sociali ancora troppo “prudenti”, non ancora mature ad affrontare con il giusto distacco critico le evoluzioni della Rete. Ha invitato perciò a considerare le tecnologie digitali come attori attivi di profondo cambiamento culturale e non più sterili strumenti a servizio dell’uomo.
  • Juan Carlos De Martin del Politecnico di Torino ha invece posto l’accento su aspetti come egemonia, privacy e asimmetria informativa. Prendendo Facebook come paradigma dei Social Network per la sua completezza e complessività, ha illustrato come queste piattaforme (e quella di FB in particolare), stiano diventanto sempre più “omnicomprensive”: email, IM, video/photo sharing sono servizi che ormai sono stati “embeddati” all’interno del singolo servizio. Ciò causa una distorta percezione che “stare su Facebook” equivalga a “stare su Internet”, concependo il Network come la totalità (o quasi) dell’universo digitale conosciuto. Questo è un rischio che corrono in particolar modo le persone agli inizi del proprio approccio con la Rete, a causa di un’immatura dimestichezza con il mezzo.
    De Martin ha fatto emergere anche la questione attuale sulla privacy dei dati inseriti su FB, focalizzandosi in particolar modo sulla dimensione proprietaria e temporale delle informazioni sensibili immesse dagli utenti. La gestione del proprio profilo e delle diverse attività esercitate sulla piattaforma, non permettono all’utente un controllo totale. In ultima istanza quindi, il vero “detentore” sostanziale (ma non legale) dei dati è Facebook, che in questo modo, in soli due anni, ha creato un database informativo da fare invidia persino alle più avanzate strutture di Intelligence internazionale.
    Ultima questione evidenziata da De Marten è come Facebook rappresenti un perfetto esempio di sistema locked-in. I profili creati dagli utenti, e “coltivati” con cura durante il periodo di attività sulla piattaforma, non possono essere in nessun modo esportati, per essere ad esempio ricostituiti all’interno di un altro Social Networ. L’utente dunque è una sorta di “prigioniero” della propria identità perchè vincolato da una serie di attività pregresse che non possono in nessun modo essere estratte e ricostituite altrove.
  • Sara Monaci dell’Università degli Studi di Torino, ha proposto un’insight sull’utilizzo del digitale per la promozione dei beni culturali. Purtroppo il risultato della ricerca ha dimostrato, non certo con molta sorpresa, un’arretratezza dell’interattività sui siti dedicati a musei o a opere d’arte, ancora troppo chiusi sotto una campana di autoreferenzialità che non permette la giusta apertura verso pratiche di condivisione, soprattutto basate sull’UCG. Ben diverse le esperienze all’estero, sopratutto oltreoceano. Qui e qui degli esempi.
  • Giovanni Boccia Artieri, dell’Università degli Studi di Urbino, ha cercato di ragionare invece ad un nuovo approccio metodologico sugli UGC. Un qualsiasi processo di studio pone la questione della riflessività, parametro che rischia di distorcere i risultati della ricerca che si sta effettuando. Boccia Artieri, in collaborazione con altri ricercatori, ha sviluppato un sistema di “ascolto” delle conversazioni in rete senza che queste venissero influenzate dalla presenza della figura del ricercatore. Attraverso vari strumenti di monitoring, tra cui Google Blog Search, il ricercatore ha selezionato tutte le discussioni della blogosfera che rispondessero ad un set di keyword predefinite su un tema specifico (emerse da un focus group) per poi condurre delle analisi qualitative e quantitative. Metodo sicuramene innovativo perchè per la prima volta permette di analizzare delle conversazioni spontanee tra i soggetti in rete.

Finisco ora di appuntare e neanche mi accorgo di quanto ho scritto. E’ stata sicuramente una giornata ricca di riflessioni interessanti che non si esauriscono certo nei punti che ho cercato di sintetizzare qui sopra.
L’importante, però, credo sia fissare i concetti principali, le intuizioni più sottili. Spero di esserci riuscito.